Nell’ambito dei festeggiamenti dedicati alla patrona di Sambuca di Sicilia, Maria Santissima dell’Udienza, il comitato della Festa guidato dal Dott. Giuseppe Di Prima propone tra le tante iniziative un evento destinato a attrarre a sé i visitatori più golosi: si tratta di un Talk show “L’identità della tradizione” dedicato alle Minni di Virgini in programma per sabato 18 maggio, a partire dalle ore 17 , e chiaramente la degustazione del prelibato dolce, fin dalla mattina
La manifestazione intende celebrare il dolce identitario
della tradizione di sambucese, la cui
ricetta risale al lontano 1725 quando nel “Collegio di Maria” venne preparata
per la prima volta da una suora, suor Virginia della Menna, in occasione del
matrimonio del marchese Beccadelli.
Al termine Consegna dei
riconoscimenti “Custode dell’identità territoriale” del percorso Borghi Genius Loci De.Co.
Luigi Veronelli, enologo, gastronomo e scrittore lombardo,
che ideò le De.Co., ha rappresentato e rappresenta il rinascimento
dell’enogastronomia italiana in tutte le sue espressioni, ha aperto una strada,
inventato un genere, vissuto e tracciato la via per l’affermazione dei
territori.
Ha lottato contro
i poteri forti a difesa dei piccoli produttori, a garanzia dei consumatori
consapevoli.
È una lezione di
dedizione, onestà intellettuale, e sana partigianeria che è di esempio in un
campo, come quello dell’ ElaioEnoGastronomia cioè l’insieme di nozioni relative
all’arte culinaria e alla cultura riguardante l'olio, il vino e il buon cibo,
verso il quale l’interesse continua a crescere, insieme alle sfide che questo
pone.
Il percorso Borghi
GeniusLoci De.Co., è un percorso culturale, che mira a salvaguardare e
valorizzare il “locale”, rispetto al fenomeno della globalizzazione, che tende
ad omogeneizzare prodotti e sapori. Il Genius Loci rappresenta l'essenza,
l'identità di un territorio; ad esso appartengono le immagini, i colori, i
sapori ed i profumi dei paesaggi.
Illuminante, al
riguardo, la definizione che il compianto Luigi Veronelli ha dato del “genius
loci”: esso è da intendere come “l’intimo ed imprescindibile legame fra uomo,
ambiente, clima e cultura produttiva. Da qui il nome del percorso.
Le De.Co
(Denominazione Comunale) nascono da un’idea semplice e geniale del grande Luigi
Veronelli, che così le spiegava:
“Attraverso la De.Co il "prodotto" del Territorio acquista una
sua identità.” Rappresenta un concreto strumento di marketing territoriale, ma
soprattutto un’importante opportunità per il recupero e la valorizzazione delle
identità e le unicità locali.
La De.Co. è “un
prodotto del territorio” (un piatto, un dolce, un sapere, un evento, un lavoro
artigianale, etc) con il quale una comunità si identifica per elementi di
unicità e caratteristiche identitarie,
deve essere considerata come una vera e propria attrazione turistica
capace di muovere un target di viaggiatori che la letteratura internazionale
definisce “foodies” viaggiatori sensibili al patrimonio culinario locale e non
solo.
Obiettivo del Percorso GeniusLoci De.Co. è
recuperare l’identità di un luogo, attraverso anche le valorizzazione delle
produzioni di eccellenza e delle tradizioni storiche e culturali dello stesso,
al fine di ottimizzarne la competitività. Il percorso innovativo “Borghi Genius
Loci De.Co.”, attraverso il quale si intende incrementare il turismo
enogastronomico puntando sulla spiccata tipicità delle pietanze ereditate dalle
antiche tradizioni locali, in grado di esprimere l’essenza più autentica e di “raccontare”
la storia di un territorio finalizzato a rafforzare l’identità del territorio
attraverso l’esaltazione delle rispettive peculiarità gastronomiche, sulla base
dell’assunto che una pietanza non serve solo a soddisfare l’appetito ed a
fornire all’organismo apporti calorici e nutrizionali, ma riesce anche a
“raccontare” la cultura, i valori e le tradizioni dell’ambiente in cui la si
cucina e, prima di tutto, la si “pensa”.
I prodotti
agroalimentari e artigianali racchiudono al loro interno tradizione, cultura,
valori, conoscenza locale, e, forse la cosa più importante, l’autenticità del
loro territorio di origine. La Denominazione Comunale non è un marchio di
qualità, ma il biglietto da visita di una comunità, sulla quale possono operare
i sindaci per salvaguardare e valorizzare l'identità di un territorio.
L’istituzione del Borgo GeniusLoci De.Co., consente l'avvio di una fase di
sviluppo endogeno del territorio, dove la propria storia e la propria
tradizione diventa la "risorsa" su cui investire il proprio futuro.
Per garantire la
sostenibilità del percorso occorrono tuttavia quattro principi, la storicità e
l'unicità, l’interesse collettivo, condiviso e diffuso e a burocrazia zero Il
mito che circonda la maggior parte dei territori rurali di successo, assomiglia
a una favola vera fatta di personaggi e di eccezionalità, e di unicità.
Aspetti
importanti che collocano l’idea dei Borghi GeniusLoci De.Co. all’interno di un
percorso culturale e di pensiero innovativo volto alla difesa delle peculiarità
territoriali. Non potendo legare l'azione di forza alla qualità normata dai
Reg. comunitari, sta nell'unicità dell'identità l'azione vincente.
Sambuca di Sicilia, borgo più bello d’Italia, meno nota con l’antico nome di Zabut, impostole dall’emiro musulmano che conquistò l’antico casale di Sambucina, è conosciuta per un tradizionale dolce, arrivato fino ai giorni nostri, con l’arcaico appellativo di “Minni di virgini”, seni di vergini.
Questa ghiottoneria è la massima espressione della fantasia dolciaria di queste terre di feudi, i cui retaggi culturali e una morale cattolica, non hanno mai varcato determinati steccati dell’impudicizia.
Da quasi 10 anni, al prodotto nobile è stato attribuito il
riconoscimento di Denominazione Comunale, nell’Ambito del percorso Borgo
GeniusLoci De.Co. della Libera Università Rurale dei Saperi&dei Sapori
Onlus
L’invenzione di questo
mirabile dolce si deve a una spiritosa suora, alla quale va dato il giusto
riconoscimento
Il dolce é legato indissolubilmente alla Sambuca-Zabut del XVIII secolo, e in particolare alla nobile famiglia Beccadelli. Donna Francesca Reggio, divenuta Marchesa di Sambuca per aver sposato Don Giuseppe, in occasione delle nozze dell’unico figlio Pietro, la nobil donna, chiese a Suor Virginia Casale di Rocca Menna, del collegio di Maria, «di mettercela tutta per escogitare le novità assolute nei campi di loro competenza e, tra questi, nel campo della dolciaria».
Nell’anno 1725, la suora creava una della più soave pasta della pasticceria siciliana e di cui lo storico locale Di Giovanni riporta l’espressione della religiosa riguardo alla sua creatura: «Guardavo questa mattina dalla finestra della mia stanzetta le colline che si susseguono dalla Valle dell’ Anguillara sino alla collina del Castellaccio e alla costa della Minnulazza. La forma delle colline mi ha suggerito che noi dovremmo presentare ai marchesi un dolce che abbia la forma e, in quanto al contenuto porti la dolcezza di questa terra. Insomma un dolce paesano, ma prelibato, fine che susciti nel momento del degusto l’istinto del sentimento, ed elevi al tempo stesso lo spirito».
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, attraverso l’impareggiabile principe Salina, nel suo famosissimo romanzo “il Gattopardo”, farà così commentare quel soave dolce frutto delle magiche “Terre del Gattopardo”, di cui Sambuca, dista pochi chilometri da Palazzo Cutò di Santa Margherita Belice, dove è stato ambientato l’omonimo romanzo: «parfaits rosei, parfaits sciampagna, parfaifs bigi che si sfaldavano scricchiolando quando la spatola li divideva, sviolinature in maggiore delle amarene candite, timbri aciduli degli ananas gialli, e “trionfi della Gola” col verde opaco dei loro pistacchi macinati, impudiche “paste delle Vergini». Di queste, Don Fabrizio si chiedeva: «Come mai il Santo Uffizio, quando lo poteva, non pensò a proibire questi dolci?» .
Immaginate cosa avrebbe detto il clericale Principe al cospetto delle siliconate, più o meno note signore, o delle super maggiorate soubrettes, che ai giorni nostri esibiscono orgogliosamente i loro prosperosi seni.
Suor Virginia descrisse gli ingredienti ed il metodo di ottenimento del
dolce: «Farina,
uova, latte, lievito. Si compone una pinna di pasta tonda come una luna piena;
al centro si accumula un po’ di tutto: cose, comunque, che debbo studiare con
attenzione: non dovrebbero mancare la zuccata, la crema, l’essenza di garofano
e di cannella, qualche pezzo di cioccolato e… quant’altro mi ispirerà il
Signore… Vedrà che ci riusciremo a fare un dolce sensitivo».
Con una
straordinaria meticolosità, gli artigiani pasticceri predispongono gli
ingredienti, ma soprattutto, ne curano le forme e le dimensioni.
La parte più difficile del lavoro è la
modellatura della “minna”. Con abilità e senso artistico, la pasta, è rigirata
tra le mani cercando di farle assumere la forma del seno, operazione non certo
facile. Alla fine si definisce il capezzolo che è la parte più complicata del
dolce, che deve essere proporzionato e marcatamente ben evidenziato. L’ultima
“palpeggiata” e “ i Minni di virgini” sono pronte, non resta altro che farle
rassodare attraverso l’infornatura.
Minne, che non sfuggirono all’attenzione
del noto medico e docente di chimica all’Università di Palermo: l’Abate
Giuseppe Meli, che nel Settecento produsse – scrutamdo all’interno delle
grate – un meraviglioso inno, intitolato: “Li cosi duci di li batii”, dove elenca ben 21 Conventi evidenziandone la specialità dolciaria prodotta
nell’ illuministica Palermo. Delle minne a detta del Meli erano
specialiste le suorine, manco a farlo apposta, del monatero delle Vergini
ubicato in Via Venezia: Di li Virgini poi su’ li beddi minni / Quantu
eccellenti su’, tutti lu sannu. / Saluti a cui ci spenni li su nninni / Cui nu’
ni mancia ci venga un malanni!/ lu pri una sula acchianirria a Tintinni/ O
starna dintra carzaratu un annui/ Biniditta la mamma chi li vinni / Binidditi
ddi mami chi li fannu. (Traduzione: Delle
Vergini poi sono i bei seni. Quanto eccellenti sono, tutti lo sanno. Salute a
chi spende i suoi spiccioli A chi non ne mangia ci venga un malanno Io per una
sola salirei sulla cuccagna O starei dentro incarcerato per un anno! Benedetta
la madre che le vende Benedette le mani che le fanno).
Come si preparano i Minni di virgini
Tempo di esecuzione: 2 ore e 30 minuti
Ingredienti:
Per la pasta: Farina 400 g di farina doppio zero, in passato si usava la farina di grano
di Maiorca, zucchero150 gr. di zucchero, 150 gr. di strutto,
latte, uovo, vaniglia.
Per il ripieno: crema di latte, zuccata, scaglie di cioccolato fondente, essenza di
fiori di garofano e cannella.
Per la glassa: zucchero a velo, succo di limone, acqua.
Decorazione: “diavolina”, palline colorate.
Preparazione della pasta
Setacciate la farina
ed amalgamatela con lo strutto, quindi, disponetela a conca e aggiungete lo
zucchero, l’uovo, la vaniglia ed il latte necessario.
Create un impasto
omogeneo e consistente e avvolgetelo in una pellicola lasciandolo riposare per
circa due ore.
In seguito, stendete
la pasta a sfoglie di circa 5 mm di spessore e ricavate dei dischetti di circa
10 cm di diametro; ponete la pasta negli stampini a coppetta e riempite la
cavità con la crema di latte, mentre nella parte superiore porrete la zuccata
mista alle scaglie di cioccolato. Sovrapponete i dischetti, in precedenza
preparati, e sigillate bene i bordi, quindi, poneteli in una teglia da forno.
Spennellate la superficie con albume, leggermente battuto, e infornate a 200 °C
per circa 20 minuti.
Sciogliete lo zucchero
a velo con succo di limone e un po’ d’ acqua; con una frusta miscelate il
composto fino ad ottenere una crema liscia e abbastanza densa. Spennellate le
paste già fredde con la glassa e decorate con una pioggia di diavolina. Prima
di servire fateli asciugare.
Nessun commento:
Posta un commento