domenica 14 aprile 2024

Le minestre nella tradizione nebroidea

 

                            Pietro Ficarra

               Le pastasciutte dominano talmente il panorama della più recente tradizione culinaria dei Nebrodi di fare passare le minestre del tutto in secondo piano, anche se poi la pratica quotidiana vi ricorre più spesso di quanto non possa sembrare, non fosse altro che per il bisogno fisiologico che abbiamo di tale cibo da queste parti, per l'umido della ricca vegetazione o per i rigori dell'inverno che, pur breve, sui Nebrodi sa essere particolarmente rigido, soprattutto oltre le basse quote collinari, comenon accade nel resto della Sicilia.

Non è il caso di ricordare diverse minestre che si possono senz'altro definire tradizionali un po' in tutta l'Isola, ma giova sottolineare che, se quelle di erbe selvatiche o di legumi con la pasta preparata al momento si possono considerare in qualche modo residuali, minestre di legumi e minestroni, compresi quelli estivi o del primo autunno che impiegano i sapori dell'orto, fanno parte di una tradizione ancora molto attuale. Un buon minestrone con pomodoro maturo, zucchine, fagioli freschi sgranati e quant'altro non sembra del tutto passato di moda e lo si preferisce ancora al pacchetto surgelato con dieci e più verdure, magari utilizzando ingredienti del proprio orto o del posto, talvolta coltivati solo in una specifica località. Anche le minestre primaverili, nelle quali si preferisce utilizzare foglie, fave fresche, carciofi e piselli, non sono peraltro affatto assenti dalla cucina quotidiana.

Fra le minestre è invece oramai residuale la minestra in brodo con le polpettine di carne - parente povera di quella assai più ricca e tipica messinese, u sciuscieddu - che in buona parte di questo territorio si consumava tradizionalmente completa di una pastina. Talvolta era legata a precise ricorrenze o a un periodo dell'anno, limitato tra tardo autunno e inverno, ma oggi è presente solo ogni tanto e su qualche tavola familiare amante delle tradizioni. Il risultato che si ottiene è molto buono – un tempo il piatto costituiva da solo uno dei pranzi più nutrienti – ma la paziente preparazione delle minuscole polpettine di carne trita legata al formaggio grattugiato e a qualche erba aromatica, prezzemolo soprattutto, non corrisponde più all'esigenza di rapidità in cucina dei nostri tempi.

Per le minestre di legumi secchi l'abbandono delle usanze di un tempo riguarda soprattutto l'abitudine di accompagnarle con la pasta fresca. Quelle più tradizionali continuano infatti ad essere preparate e consumate in famiglia con buon gradimento, certamente non minore che in altre aree delPaese. Si preparano preferibilmente con pasta molto corta, ma nel caso dei fagioli anche con il riso, e talvolta, a ricordare i tagghiarini di un tempo, anche con tagliatelle secche a nido, sminuzzate per l'occasione. Fagioli, fave e ceci erano spesso prodotti in proprio per autoconsumo e i primi due non mancano ancora oggi di caratterizzare orti familiari e piccoli appezzamenti, ma si usavano e si usano anche le lenticchie, che provenivano un tempo da aree interne dell'Isola dove si coltivavano (rinomate già un tempo, ad esempio, quelle di Villalba e delle zone vicine, in provincia diCaltanissetta).

Testo e Foto Pietro Ficarra

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