lunedì 26 novembre 2018

I marchi che non tutelano

in Europa, ma anche in Italia, ormai quasi nessuno insegue... i fantasmi!
...invito a una lettura alternativa, ma sopratutto a un pensiero libero
I marchi  sono obsoleti, perché non garantiscono più nulla, infatti ormai il mondo  per esempio, è pieno di Parmesan...... 
In compenso  i lacci e laccioli dell'U.E hanno contribuito a decimare le aziende  anche quelle a conduzione familiare (sopratutto) 


 Con il fatturato appannaggio dei big che fanno grandi volumi, la forte concorrenza di Grecia, Spagna e Francia nell’accaparramento dei fondi europei.



Quali sono i segreti per il successo commerciale di prodotti tipici e a forte connotazione geografica? I marchi europei DOP, IGP ed STG contribuiscono al riconoscimento e alla tutela dell'origine?   Questi stessi marchi, tuttavia, hanno dimostrato di non essere sufficienti, da soli, a garantire il successo commerciale del patrimonio agroalimentare italiano. Alla base dei casi di successo nel settore, insistono fattori diversi quali la capacità di fare rete dei territori e lo sviluppo di strategie di branding e comunicazione solide.



 Cosa più grave è che  alcuni prodotti certificati più piccoli, che dopo aver rincorso per anni il riconoscimento, con addebiti economici a carico del pubblico, non si sono neanche dotati di un sito internet,  di una strategia di comunicazione e promozione, che per l’altro, non riescono a sostenere economicamente, a causa dei piccoli volumi di scambio.
     Una buona parte dei prodotti di qualità italiani  in concreto, e rimasto solo il "marchio" sconosciuto a una attenta platea di consumatori globali
Per non parlare ti talune amministrazioni pubbliche,  che se pur i bilanci sono ridotti all'osso, spendono risorse per inseguire presunti marchi, che difficilmente potranno dare risultati accettabili, supportati da "presunti specialisti" in cerca di risorse pubbliche 
Eppure molti presunti consulenti, continuano ad attraversare il terriotorio del sud, con travate tanto geniali quanto inconcludenti, ma costosi
Dal 2005 al 2017 le specialità Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione geografica protetta) e Sgt (Specialità tradizionale garantita) certificate dall’Unione Europea sono praticamente raddoppiate (+80,5%), da 154 che erano sono diventate quasi 300.
Le prime 10 province per ritorno economico di Dop e Igp
Le 10 province che hanno avuto il maggiore ritorno economico dalle certificazioni, espresso in milioni di euro, sono:
— Parma, con 1.135,8 euro e 12 tra Dop e Igp
— Modena, con 622,7 e 15 tra Dop e Igp
— Reggio Emilia, con 544,1 euro e 13 tra Dop e Igp
— Brescia, con 401,2 euro e 18 tra Dop e Igp
— Bolzano, con 314, 3 euro e 5 tra Dop e Igp
— Udine, con 301, 9 euro e 5 tra Dop e Igp
— Mantova, con 241,2 euro e 12 tra Dop e Igp
— Sondrio, con 236,5 euro e 9 tra Dop e Igp
— Cremona con 215,3 euro e 13 tra Dop e Igp
— Caserta, con 208, 8 euro e 6 tra Dop e Igp
Ma se in Italia la bontà è di molti prodotti, le vendite continuano a essere di pochi. Il fatturato dei 10 prodotti Dop e Igp più venduti, pari a 5,01 miliardi di euro, equivale al 79% del totale di tutti i prodotti certificati.
I primi 10 prodotti italiani Dop e Igp per fatturato
Quali sono questi 10 prodotti? Che fatturato hanno generato nel 2015 in milioni di euro? Quanto pesano in percentuale sul totale? Vediamo il dettaglio:
1. Grana Padano 1.180,3 euro (18,5%)
2. Parmigiano Reggiano 1055,5 (16%)
3. Prosciutto di Parma 666,6 (10,5%)
4. Aceto balsamico di Modena 372 (5,9%)
5. Mozzarella di bufala campana 344,9 (5,4%)
6. Mortadella Bologna 316,7 (5%)
7. Gorgonzola 304,5 (4,8%)
8. Prosciutto di San Daniele 286,5 (4,5%)
9. Pecorino Romano 275,7 (4,3%)
10. Bresaola della Valtellina 214,8 (3,4%)
Allora perché questa corsa alla certificazione di qualità se le ricadute dirette sul fatturato sono solo per pochi? È vero che le denominazioni permettono di tutelare il prodotto affinché non venga imitato, ma diciamo le cose come stanno, i fondi che l’Europa mette a disposizione fanno a gola a molti.
Come si spartisce la torta dei fondi Ue
Nel 2017 la dotazione finanziaria complessiva è stata di 140 milioni di euro, somma che, grazie a un aumento progressivo, nel 2019 arriverà a 200 milioni di euro. Le aziende italiane nel 2016 sono riuscite ad accaparrarsi il 20% del totale (113 milioni), vale a dire 23,5 milioni.
Tra queste, il finanziamento più alto è andato al Consorzio per la tutela d’Asti e al Consorzio Grana Padano, circa 4,7 milioni per entrambi.
Il meccanismo del finanziamento, tuttavia, prevede una quota aggiuntiva messa dal Consorzio di 1,2 milioni, pari al 20%. Anche per questo, alla fine, per i piccoli consorzi la possibilità di arrivare ai finanziamenti è bassa: mancano le risorse per coopartecipare.



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