giovedì 29 dicembre 2016

cultura, gastronomia e valore identitario dei territori

Aneddoti e ricette da assaporare,
in un libro di Dario Flaccovio editore  

Daniela Vena
Che cos’hanno in comune una poltrona, un gelo di mellone, Maria Carolina regina di Napoli, un vecchio calepino e l’amore per la cucina? Sono alcuni degli elementi portanti di una raccolta di racconti e ricette, scritta a quattro mani da Licia Cardillo Di Prima ed Elvira Romeo, in cui arte culinaria e narrativa si fondono. Il filo conduttore è la sicilianità, espressa tanto nelle storie quanto nelle ricette, ricche di memorie, profumi e suggestioni.



Licia Cardillo Di Prima, proprietaria della Cantina Di Prima, vive a Sambuca di Sicilia. Vincitrice di svariati premi tra cui “Erice”, “Parnaso” e “De Jacobis”, ha anche collaborato con laRepubblica di Palermo e con Il Mediterraneo. Vanta altre pubblicazioni, tra le più importanti: Lapelle di cristallo (Rubbettino) ed Eufrosina (Dario Flaccovio editore).
Elvira Romeo invece vive a Marsala dove, sposata e con figli, svolge l’attività di avvocato. Dalla sua passione per le ricette e la cucina deriva la collaborazione con la rivista La voce di Sambuca.

La nobiltà di una poltrona
Il primo racconto de La poltrona di Maria Carolina e il gelo di mellone (Dario Flaccovio editore),  ha per protagonista un barone e il suo palazzo cinquecentesco. Appartenente alla sua famiglia da tempo immemorabile, l’edificio è incastonato in un quartiere ormai popolato da numerosi extracomunitari verso i quali il barone nutre un profondo odio fino al punto da definire la sua residenza «infernale». Ogni mattina uscendo per strada li incontra, li sente parlare o gridare e il sangue gli bolle in corpo, tanto da desiderarne la sparizione totale e fulminea. Il suo orgoglio, insieme al prestigio di nobiltà, però, gli impediscono di cambiare ubicazione, poiché questo cambiamento testimonierebbe la sua debolezza e, peggio ancora, la sconfitta. Così, ad ogni occasione, il nobile non manca di lamentarsi con la moglie e con i condomini. Prima dell’affollamento degli stranieri la vita del barone scorreva lenta tra inviti e cene durante le quali mostrava il cimelio di famiglia: la poltrona di Maria Carolina, ereditata dalla zia Matilde. Proprio quest’ultima, cuoca provetta, aveva avuto l’onore di ospitare in una delle sue innumerevoli cene, re Ferdinando di Napoli e la regina Maria Carolina. Re Ferdinando, esperto cacciatore e grande estimatore di selvaggina, era stato conquistato dal ragù di cinghiale di zia Matilde, la quale, mentre gli svelava i segreti culinari, esprimeva anche la sua grande carica seduttiva. Intanto la regina si era accomodata su una poltrona che, in seguito, avrebbe preso il suo nome e sarebbe diventata lo stemma della famigliaNella convivialità della serata la regina fu ammaliata dalla bontà del gelo di mellone, che aveva gustato ad occhi chiusi e di cui aveva chiesto una seconda porzione. Nei momenti di rappresentanza o di sconforto il barone guardava la vecchia poltrona con riverenza e l’alone di una macchia, che il gelo di mellone scappato dalla bocca della regina aveva lasciato, gli permetteva di raccontare, per la milionesima volta, quella cena con dovizia di particolari ai suoi ospiti, ai quali, su quella poltrona, non sempre era concesso di sedersi. Oltre alla poltrona, zia Matilde aveva lasciato in eredità alle sole donne di casa un calepino pieno di ricette e segreti per conquistare gli uomini, chiuso da un lucchetto per volontà della stessa zia, perché i segreti venissero tramandati e mai perduti. Il calepino in questione era custodito dalla moglie del barone che lo seguiva e venerava al pari di un vangelo. Un giorno, il povero barone subì un furto, e tra le svariate ricchezze dovette rinunciare all’amata poltrona. Quell’evento tanto funesto e ingiusto gli fece scoprire una verità che sconvolse tutte le sue certezze…
Il terzo racconto ha come protagonisti il sindaco di Palermo, Don Mimì, due vicini di casa e il gallo Napoleone. Durante un giorno d’estate, uno di quelli in cui il sole è rovente, Don Mimì era seduto sulla poltrona di Maria Carolina che aveva comprato da un rigattiere. Come di consueto una pila di lettere copriva la sua scrivania, ne aprì una sventolandosi con la busta, ne lesse alcune righe e poi, come preso da un pesante torpore, chiuse gli occhi. Quella era un’abitudine più che consolidata, tanto che il suo usciere, Nardo, aveva l’ordine quotidiano di non far entrare nessuno nel suo gabinetto. Quel giorno però, la porta dell’ufficio si aprì involontariamente, e un assessore sorprese Don Mimì sonnecchiare. Entrando cominciò a ridere e il sindaco si svegliò di soprassalto. L’assessore lo informò che se avesse voluto mantenere la sua carica avrebbe dovuto leggere, con molta attenzione, la lettera su cui stava dormendo. Il mittente dell’esposto era il professor Pizzo, che si lamentava per il fastidio che Napoleone, il gallo del suo vicino, il dottor Rini, gli procurava. Per risolvere il caso Don Mimì convocò prima il dottor Rini e poi il professor Pizzo. Il racconto assume dei contorni comici e allo stesso tempo paradossali, culminando con l’ordinanza del sindaco, secondo cui Napoleone doveva morire.
Queste sono due delle sei storie che Licia Cardillo Di Prima racconta con uno stile ricco e completo, riuscendo ad esprimere quella bellezza, quella molteplicità di situazioni e quella veracità tipicamente meridionali. La seconda parte del testo invece è composta dalle ricette di Elvira Romeo in cui antipasti, primi, secondi e dolci stuzzicano l’acquolina del lettore.
Anche il più volte citato gelo di mellone trova il suo posto: ottenuto con il succo d’anguria, lo zucchero, l’amido, il cioccolato fondente, i pistacchi e il gelsomino, sembra racchiudere le tradizioni e la cultura siciliana, risultato di più di tredici dominazioni.
L’arte della cucina è un sistema variegato e complesso, una risorsa di grande valore che, tra le sue molteplici qualità, ha anche quella d’influenzare positivamente e in vari modi la quotidianità dell’intera umanità. Il testo, che si legge con facilità e piacere, presenta alla fine alcune pagine vuote dove poter appuntare le proprie ricette, rendendolo ancor più familiare.

Al termine la consegna di riconoscimenti Custode dell'Identità Territoriale dei Borghi GeniusLoci De.Co. all'Avv Lidia Seidita, all'Avv. Elvira Romeo. 

Non capita tutti i giorni di ricevere una doppia dedica, ha affermato Nino Sutera. voglio pubblicamente ringraziare la Prof.ssa Licia Cardillo e la Prof.ssa Elvira Romeo







martedì 27 dicembre 2016

I Borghi GeniusLoci De.Co, la Mission e la Vision

nucciatornatore

I mutamenti a livello globale impongono una seria riflessione sul ruolo di acceleratore di sviluppo che l’Ente locale è riuscito a conquistarsi, nel panorama competitivo attuale, grazie alla valorizzazione delle sue potenzialità. Investire sul territorio sembra essere il leit-motiv della gestione dinamica e consapevole  che, necessariamente, deve passare per la promozione del suo patrimonio. 

In questo contesto, i Borghi e le Denominazioni Comunali (De.Co.)  assumono un ruolo strategico non solo nella salvaguardia delle produzioni locali (siano esse agroalimentari, enogastronomiche o artigianali), valorizzando il processo identitario di un luogo, ma anche nella promozione del territorio.  
Proprio attraverso una semplice delibera di giunta viene istituita la "Denominazione Comunale" che censisce integralmente un prodotto come "proprio" di un luogo, depositario di quell'insieme di valori e significati che l'intero percorso storico di una comunità ha sedimentato nel corso dei secoli.
Le Denominazioni Comunali costituiscono, nella loro straordinaria semplicità, una vera rivoluzione culturale nell’ambito della salvaguardia delle identità territoriali legate alla tradizione agroalimentare, enogastronomica e artigianale di un luogo. Esse si configurano come lo strumento principe per avviare congiuntamente sia un intervento di tutela delle specificità locali, sia un’azione di sviluppo sostenibile del territorio, in cui gli elementi endogeni costituiscono la vera leva di crescita sociale ed economica.
La Denominazione Comunale (De.Co.)   è la nuova frontiera sulla quale possono operare i sindaci per salvaguardare l'identità di un territorio legato ad una produzione specifica, con pochi e semplici parametri, il luogo di “nascita” e di “crescita” di un prodotto e che ha un forte e significativo valore identitario per una Comunità.
 Si tratta  di un sistema che vuole difendere il locale rispetto al fenomeno della globalizzazione, la quale tende ad omogeneizzare prodotti e sapori e sapere
«Il bene identificato da una De.Co è un bene di un ben limitato territorio che nessuno potrà imitare; frutto della terra, frutto della tradizione, di una particolare abilità manuale non importa: è un bene definito, nel senso etimologico del termine, cioè con dei confini.
Ciò che è dentro “è”, ciò che è fuori dai confini della De.Co. “non è”»

La Denominazione Comunale non è un marchio di qualità, ma la carta d’identità di un prodotto, un’attestazione che lega in maniera anagrafica un prodotto/produzione al luogo storico di origine.

" Come io ammiro Picasso perché lo riconosco, così posso apprezzare un vino o qualsiasi altra cosa che viene dalla terra, se la riconosco. Trovo che questo sia un recupero di civiltà, di intelligenza e di libertà estremamente importante ". Così Luigi Veronelli, in una delle sue ultime interviste, spiegava lo spirito e l'importanza delle Denominazioni Comunali, ovvero la capacità d’identificare un prodotto territoriale come proprio di un territorio, di un luogo concedendogli una "carta d'identità" in grado di attestarne la provenienza e l'origine.
Nella loro prima accezione le De.Co. si trovano a svolgere una funzione non solo di difesa, ma di vera e propria conservazione del prodotto locale dalle contaminazioni e dai processi globali di standardizzazione culturale, che minano in misura sempre maggiore i cosiddetti antichi sapori e saperi tipici di un territorio.
Se non interveniamo oggi, molto probabilmente non avremo, fra 10-15 anni, il nostro patrimonio di saperi, sapori e tradizioni da trasmettere ai nostri figli e ai nostri “ospiti” che arrivano sul nostro territorio per conoscerlo, viverlo ed ascoltarlo.
Pertanto, la  De.Co. sulle produzioni locali consente di recuperare la memoria storica e le tradizioni di un luogo, come componenti determinanti del senso civico di appartenenza; di considerare la tradizione ed il lavoro alla base della qualità della vita; la conservazione eco-ambientale di un luogo come il mezzo necessario per la crescita dell’intero sistema socio-territoriale di riferimento.
Nella loro seconda valenza, invece, le Denominazioni Comunali diventano la leva su cui far ruotare l’intera economia locale. Basti pensare ai tanti “Piccoli Comuni” che trovano proprio nelle produzioni tipiche del territorio la vera “risorsa” su cui programmare il proprio sviluppo locale. Attraverso la loro valorizzazione formale e sostanziale s’inserisce un meccanismo di promozione all’esterno non soltanto del prodotto certificato come De.Co., ma dell’intero universo socio-culturale e storico del territorio d’origine.
La De.Co. è una realtà innovativa che restituisce agli abitanti le ricchezze del territorio e la loro tutela privilegia, chi il territorio lo vive: la Comunità.
La Comunità è chiamata a difendere e a riconoscere ciò che ne fa la storia e che nessuno potrà mai appiattire o imitare, realizzando in questo modo un livello di autocoscienza tale, riconosciuta dal Sindaco, che può dare adito allo sviluppo di un’economia, alla creazione di marchi o semplicemente a forme associative tra produttori.
 Per garantire la sostenibilità di una De.Co. occorrono tuttavia due principi, la storicità del prodotto da promuovere, perchè si eviti   improvvisazioni che possono nascere da meri interessi commerciali.
e la De.Co. come espressione di un patrimonio collettivo e non a vantaggio di una singola azienda.
L'amministrazione comunale può creare facilitazioni ed opportunità, ma poi occorre che il territorio creda nelle sfide". Il riferimento è alla visione di  un territorio dove  si possa avviare  un piano di sviluppo indirizzato a proporre prodotti di rilevanza, da offrire,  dotandoli di una loro unicità.  
In fine ma non per ultimo  la  De.Co non è un "prodotto tipico"   per legge i prodotti tipici e di qualità sono solo quelli a marchio DOP ed IGP regolamentati dal Reg. Ce 510/06 e a marchio STG regolamentato dal Reg. 509/06.    
Le De.Co. mentre è un prodotto del territorio (un piatto, un sapere, un evento, ect) con i quali una comunità si identifica. Qual è dunque il valore di una De.Co.? Quello di fissare, in un dato momento storico, ciò che identifica quel Comune. A memoria futura, oppure come occasione del presente per cogliere un’opportunità di marketing territoriale.
L’auspicio che poi rappresenta la vera sfida, riuscire a realizzare una rete dei Borghi GeniusLoci De.Co. per valorizzare quei prodotti di nicchia che inducono gli appassionati viaggiatori ad andare ad acquistare e degustare e/o apprezzare i prodotti nelle loro zone di produzione, per promuovere l’offerta integrata “del” e “nel” territorio, piuttosto che mettere su strada le merci”.

mercoledì 21 dicembre 2016

Borghi GeniusLoci De.Co. Ambasciatori & Custodi

Borghi GeniusLoci De.Co. tra  Ambasciatori & Custodi dell'Identità Territoriale

Ogni singolo comune, degli oltre 8.000 sparsi in tutta Italia, possiede un patrimonio concreto che è l'espressione della propria tradizione culturale; affinché questa tradizione, gastronomica in primis, non sparisca sono state ideate, da Luigi Veronelli, le De.Co.

Ebbene ribadire che a  livello economico la  DE.CO.,   non porta alcun beneficio diretto e ovviamente se non utilizzato e diffuso, non significa nulla e non aggiunge alcun valore al prodotto, nella realtà dei fatti, però, può diventare un grande e potente strumento di marketing territoriale, di riconoscimento per la destinazione nei confronti dei turisti e di autocoscienza per gli stessi cittadini.
Con questi presupposti è nato il percorso di programmazione partecipata Borghi GeniusLoci De.Co    elaborato dalla Libera Università Rurale Saper&Sapor inserito tra gli esempi virtuosi del - Forum Italiano dei Movimenti per la terra e il paesaggio e presentato  al Poster Session del Forum Pa 2013 di Roma,  prevede un modello di De.Co   dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenza che rappresentano la vera componente innovativa, ma   soprattutto rispettose delle direttive nazionali e comunitarie in materia
Ci sono tantissime differenze tra chi lavora per difendere il proprio territorio, in maniera disinteressata,  ma le differenze non solo non devono dividere, ma al contrario possono  creare sinergie.    La De.Co  è un atto politico, nelle prerogative del Sindaco, per difendere e salvaguardare l’identità del territorio.
"Attraverso una semplice delibera   il Sindaco certifica la provenienza di ogni prodotto della sua terra" così Luigi Veronelli spiegava la De.Co. Un'idea nata dal basso per valorizzare quegli immensi giacimenti enogastronomici che racchiude l'Italia. Risorse e ricchezze che appartengono alla terra, al proprio luogo.
 Gli altri strumenti (DOP.DOC. IGT. PAT.ECT) sono atti tecnocrati, strumenti utilissimi, sovvenzionati o meno, ma tecnocrati.
L’identità é valore incommensurabile, il prodotto può essere copiato, l’identità di un territorio no,  per   fare questo le De.Co sono uno strumento unico.
I Custodi dell’identità territoriale  e gli ambasciatori dell’identità territoriale  sono   destinati ad assolvere a un ruolo fondamentale, comunicare e far conoscere il territorio, il quale assume un importanza crescente anche nei confronti del visitatore, e del viaggiante, che ritrova nel prodotto, un insieme di valori, ivi compresi quelli identitari.
In questo percorso , chef, gastronauti, giornalisti, sommelier, associazioni, pro-loco, intenditori e appassionati, sono partners privilegiati, candidati ideali a divenire Custodi dell’identità territoriale.
 
Nella foto,    Bonetta dell’Oglio  già insignita del riconoscimento di Ambasciatrice dell’Identità Territoriale insuperabile chef, Filippo Drago definito l’ultimo mugnaio, utilizza solo grani autoctoni   e Antonella Giovinco  giornalista premiata  all’Ars come giornalista dell’anno, Michele Termine  attento reporter, ideatore di Argos una trasmissione di successo,  che si occupa di agroalimentare territorio e ambiente,  tutti Custodi dell'Identità Territoriale.

Il "clan" dei Borghi GeniusLoci De.Co. conta ormai diversi Ambasciatori e tanti, ma non troppi, Custodi.

lunedì 12 dicembre 2016

Menfi Natale 2016 con i World Cafè di Terr@

nucciatornatore 
IL WORLD CAFÈ / Cos’è ?
Il caffè è storicamente un luogo in cui si parla e si comunica, in modo diretto, colloquiale, piacevole ed informale. Il World Café è una metodologia che si ispira ai vecchi caffè creando un ambiente di lavoro che invita i partecipanti ad una discussione libera ed appassionata. La sua particolarità è quella di stimolare discussioni autogestite dai partecipanti all’interno di un quadro comune e sotto la guida di alcune domande di riferimento. L’idea alla base del World Cafè è tanto semplice quanto rivoluzionaria: lavorare per creare conversazioni importanti, ideando in modo creativo e non convenzionale, ragionando insieme su progetti complessi, ma in modo concreto, divertente e produttivo.

Cos’ è Terr@ ?
Piccoli gruppi per grandi idee, un viaggio itinerante e intrigante, per approfondire tematiche d’interesse comune, costruendo il percorso formativo e portandolo avanti in situazione di sostanziale autoapprendimento. Uno spazio di riflessione, persone di diversa estrazione ed esperienza s’incontrano per presentare la propria esperienza, per elaborare idee, proposte e progetti comuni, ma anche uno spazio come sinonimia di un’agire creativo.
Perchè?
L’ambizione è di avvistare in maniera partecipata e condivisa idee, proposte, tale da divenire per il prossimo futuro un modello da seguire, aperto a tutti i soggetti socio – economici, ed ai singoli cittadini, che sono interessati e vogliano cimentarsi sul futuro sostenibile del proprio territorio.In questa prospettiva, il territorio non deve essere considerato semplicemente come luogo fisico, ma esso rappresenta soprattutto una comunità collettiva, ricca di saperi e competenze diffusi tra i vari attori, dalle istituzioni pubbliche alle organizzazioni, dalle associazioni, ai singoli cittadini.
Quale tematica?
Terr@,  affronterà le tematiche legate a Ambiente&Territorio-Etica&Finanza- Pari Opportunità-Energie Rinnovabili-Paese Albergo-Territorio in un Immagine-Agricoltura Sociale-Città Intelligenti-Cibo&Letteratura- Differenziamoci-GioventùInMovimento-Agricoltura&Alimentazione
La metodologia?
World Cafè, Seminari, focus group, session poster, talk show.  
I partner? portatori di interessi economici, sociali e culturali.

Aver saputo interpretare le esigenze e le richieste diffuse di disseminare conoscenze e informazioni, tramutandoli in un fatto concreto, è destinato ad essere consegnato alla storia di questa terra, ecco allora come un iniziativa nasconde l’ambizione per tramutarsi in un metodo condiviso, afferma Nino Sutera.