Di fronte al rischio della dispersione dei saperi locali, ecco che le produzioni del territorio, accompagnate ovviamente da tutte le espressioni della cultura materiale, dalla produzione fino alle ricette tradizionali, diventano eredità e simbolo da tutelare e valorizzare.
Quindi, ogni iniziativa che recupera tradizioni può rappresentare una grande opportunità di rivalutazione della produzione locale, sia per quanto riguarda la diffusione culturale, sia per una sua valorizzazione economica, che ne rende possibile la sopravvivenza. Nelle arti e non solo, il “GeniusLoci” rappresenta concettualmente quello “spirito” percepibile, quasi tangibile, che rende unici certi luoghi ed irripetibili certi momenti, uno spazio, un edificio o un monumento. Non solo: il Genius Loci è anche nelle immagini, nei colori, nei sapori e nei profumi dei paesaggi intorno a noi, che tanto spesso, anche all’improvviso, ci stupiscono ed emozionano. Le persone “respirano” il genius loci di un luogo, di un ambiente quando ne hanno piena coscienza. Ognuno di noi è attaccato ad un luogo d’infanzia, ad un ricordo, ad un affetto, a un dolce, ad un piatto. Ecco, l’obiettivo è recuperare l’identità di un luogo, attraverso le prelibatezze storiche e culturali del territorio.
Ai nostri giorni, dove tutto è veloce, uniformato e orientato spesso solo “alla massima produzione con il minore costo possibile”, pensare ad un modello di sostenibilità e sviluppo che si basa sulla parola “Comunità” sembra quasi un paradosso. Il territorio come oggi lo vediamo, è il risultato di una interazione fra l’uomo e le sue attività, la storia e la cultura in relazione con la natura. In diverse campagne, questa interazione ha portato spesso ad una scomparsa dell’identità e dei valori comuni, come se non si vedesse più il tratto di un paesaggio comune e purtroppo anche alcuni territori agricoli sono diventati come “non luoghi”. Per nostra fortuna l'isola, fatta eccezione per alcune aree industriali, ancora presenta una forte connotazione di identità rurale, fatta di eccellenze agroalimentari e di cultura del territorio e del paesaggio tipico, che diventa così uno dei più potenti strumenti di valorizzazione delle nostre produzioni. Riteniamo che valorizzare le caratteristiche uniche delle nostre produzioni, le nostre specificità che il tempo, la Storia e la sapienza dei coltivatori hanno saputo identificare meglio di ogni altro “piano di marketing”, sia il modo più efficace di dare prospettiva ai coltivatori, ma contestualmente ai territori sostenendo un modello di sviluppo equilibrato dove il valore in positivo ricade sulle comunità locali. Un’agricoltura che diventa centrale e sinergica con le attività della trasformazione agro-alimentare, del turismo, della ristorazione, dell’educazione alimentare, ma che assume il ruolo anche di soggetto attivo che si occupa di “Servizi ambientali” per fare manutenzione al territorio e ridurre i danni delle calamità naturali oggi,sempre più diffuse.
L’impresa agricola, nella nostra visione, deve evolvere sempre di più da semplice “struttura produttiva di derrate agricole indistinte”, verso una impresa fortemente radicata con il territorio e con le comunità locali, che produce prodotti di qualità ben identificati e anche servizi utili per tutte le attività del territorio, così come già identificato nella definizione di agricoltura multifunzionale di Agenda 2000.
È partendo da queste nostre convinzioni che la valorizzazione della agrobiodiversità, diventa un elemento strategico all’interno di una politica agricola regionale che desidera fornire agli agricoltori più occasioni di avvicinare il mercato alla produzione in modo che il consumatore attento possa riconoscere nel prezzo la qualità di un prodotto unico e di un territorio non riproducibile. Il modello “Comunità del cibo” diventa quindi un modello di governance, partendo dalla definizione della Legge Nazionale n.194/2015 sulla Biodiversità, dove il Coltivatore e l’Allevatore Custode che conservano il nostro ricco patrimonio di agrobiodiversità, sono al centro di un modello di relazioni anche commerciali e connessi con tutti gli operatori di un territorio ben identificato per sviluppare una economia che è in prima battuta anche circolare, ma che si presta ad una apertura verso l’esterno, verso mercati più lontani e più attenti all’origine, alla qualità e alla storia. Insomma un’agricoltura che fa bene al territorio, in primis ai propri abitanti, perché diventa cultura, qualità, salute e natura, ma anche perché amplifica le ricadute economiche in tutti i settori produttivi, oltre all’agricoltura, il turismo, la ristorazione, la piccola trasformazione e il commercio.
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