lunedì 5 agosto 2019

La De.Co.: non tutti sanno che ...

ninosutera
“La De.Co. non è un marchio, ne strumento di tutela.  
Erroneamente qualcuno crede di poter equiparare  o aile De.Co  alle DE.CO.  o alle DE.C.O ai marchi di qualità; in realtà la Denominazione Comunale  De.Co. nulla ha a che fare con le denominazioni istituzionalizzate come D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta) o I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta), per citarne alcune. Già nel lontano 2007, ma anche in seguito il MIPAF ha abbondantemente esternato la sua posizione in merito






La legittimità del “marchio” De.Co. è stata, sin dalle prime iniziative intraprese per la sua istituzione, assai contestata, dibattuta ed ostacolata. Da più parti si è ritenuto, infatti che il Comune non abbia il potere di disciplinare organi e procedure per attestare la provenienza di un prodotto (odei suoi ingredienti base) dal proprio territorio e che, pertanto, nell’istituire la De.C.O. ecceda i suoi poteri istituzionali, ponendosi in contrasto con le norme comunitarie, gerarchicamente sovraordinate a quelle di diritto interno. In particolare, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Direzione Generale per la qualità dei prodotti agroalimentari e la tutela del consumatore), in una nota
del 5 febbraio 2004 – indirizzata, tra gli altri, all’ ANCI, alle Regioni ed alle Province autonome – ha ribadito la propria posizione di netto dissenso dal “Progetto De.C.O.” promosso dall’ ANCI, ritenendolo in contrasto con quanto stabilito dalla Commissione europea in merito ai riconoscimenti DOP e IGP.Detta nota ministeriale testualmente recita:”La scrivente Amministrazione ha più volte censurato l’ANCI dal continuare ad istituire marchi di qualità comunali, sottolineando la illegittimità di tali procedure.
Si ribadisce con forza che non è ammissibile ottenere il riconoscimento di un prodotto agroalimentare con strumenti diversi dalla rigorosa osservanza del reg. CEE n. 2081/92. La Commissione europea, come già sottolineato in precedenti note inviate all’ANCI, ha sempre assunto un atteggiamento di condanna nei confronti di detti marchi, attivando procedure di infrazione ogni volta che un Ente pubblico territoriale ha promosso tali marchi di qualità. Lo stesso Governo italiano è stato oggetto di un ricorso per inadempimento voluto dalla Commissione europea per non aver rispettato gli obblighi in virtù dell’art. 28 del Trattato istitutivo della Comunità europea”.Dal testo della nota, si evince che la questione di legittimità concerne l’ammissibilità di procedure comunali che attestano la qualità d’origine di un prodotto, posto che il riconoscimento dell’origine dei prodotti agroalimentari da parte di soggetti pubblici è disciplinato – come si è visto nei paragrafi che precedono – dal reg. CE n. 2081/92 relativo alla “protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari”. In altri termini, le procedure e gli organi previsti dal reg. CE n. 2081/92 sarebbero l’unico strumento legittimo per attestare un nesso fra un prodotto agroalimentare e la sua origine geografica, sicché ogni altro strumento di certificazione riferito alla provenienza geografica sarebbe incompatibile con il diritto comunitario.Assumendo questa posizione, il MIPAF si allinea agli orientamenti della Commissione europea e di una parte della dottrina, che ha sempre ritenuto che gli Stati membri non possano disciplinare in modo
autonomo, mediante provvedimenti interni, le denominazioni di origine geografica dei prodotti agro-alimentari nazionali, in quanto tale potere sarebbe stato attribuito in via esclusiva alla Comunità europea dal reg. CE n. 2081/92. In ragione di tale competenza esclusiva, quando un marchio – al di fuori dei sistemi DOP/IGP – identifica prodotti provenienti da una determinata  zona geografica (territorio regionale, provinciale, comunale) di uno Stato  membro, esso è incompatibile con l’art. 28 (4) del Trattato CE, che vieta l’introduzione di qualsiasi misura di natura pubblica che possa ostacolare le importazioni da altri Paesi comunitari, nonché qualsiasi misura di effetto equivalente, e con l’art. 87 (5), relativo agli aiuti concessi dagli Stati.Ne consegue che è errato istituire la De.C.O. e nello stesso tempo prevedere un disciplinare di produzione, regolamenti, e quant’altro emulano in negativo le normative comunitarie, come taluni ancora fanno.Quando meno appropriata nel Maggio 2005 la svolta a seguito del Convegno di Alessandria, Le denominazioni comunali di origine DE.C.O. diventano denominazioni comunali (acronimo De.Co.).La sintesi di Alessandria Le De.Co. non sono marchi di qualità, ma delle attestazioni che legano in maniera anagrafica la derivazione di un prodotto/produzione dal luogo storico; sono dei certificati notarili contrassegnati dal Sindaco a seguito di una delibera Comunale; sono dei censimenti di produzioni che hanno un valore identitario per una comunità. Sono dunque strumenti flessibili per valorizzare le risorse della propria terra nel tentativo di garantire la biodiversità, traendone talvolta vantaggi anche sul piano turistico ed economico. Rappresentano, insomma, il vero, autentico passaggio dal generico “prodotto tipico” al “prodotto del territorio”.L’allora Ministro per le Politiche Agricole Gianni Alemanno che nel suo intervento ricordò che “Le De.Co., intese come censimento dei prodotti che identificano un Comune, sono un ulteriore elemento di distinzione che sicuramente rafforza il valore identitario di un territorio. […] Debbono essere uno stimolo, una semplice delibera, che non fa riferimento ad aspetti qualitativi o a disciplinari richiesti invece per altre denominazioni di valenza comunitaria, ma che censisce, in un dato momento storico, un bene identitario legato all’artigianità o alla vocazione agricola di un Comune”Ogni singolo comune, degli 8.000 sparsi in tutta Italia, possiede un patrimonio concreto che è l’espressione della propria tradizione culturale; affinché questa tradizione, gastronomica in primis, non sparisca sono state ideate, da Luigi Veronelli, le De.Co.Per chiarire, se un prodotto è originario solo ed esclusivamente di quel comune, la sua amministrazione, dopo verifiche e attente analisi, ha facoltà di
rilasciare una dichiarazione che ne attesti e, allo stesso tempo, ne enfatizzi la provenienza. Ciò grazie anche alla Legge Costituzionale n. 3, emanata il 18 ottobre 2001 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 24 ottobre 2001. Tale azione diventa un riconoscimento di grande valore in quanto consente la conservazione e lo sviluppo della cultura autoctona del territorio, favorendo contemporaneamente anche la protezione del prodotto stesso. A livello economico la DE.CO., non porta alcun beneficio diretto e ovviamente se non utilizzato e diffuso, non significa nulla e non aggiunge alcun valore al prodotto, nella realtà dei fatti, però, può diventare un grande e potente strumento di marketing territoriale, di riconoscimento per la destinazione nei confronti dei turisti e di autocoscienza per gli stessi cittadini.
Con questi presupposti è nato il percorso  Borghi GeniusLoci De.Co    inserito tra gli esempi virtuosi del – Forum Italiano dei Movimenti per la terra e il paesaggio e presentato al Poster Session del Forum Pa 2013 di Roma, prevede un modello di De.Co dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenza che rappresentano la vera componente innovativa, ma soprattutto rispettose delle direttive nazionali e comunitarie in materia
Ci sono tantissime differenze tra chi lavora per difendere il proprio territorio, in maniera disinteressata, ma le differenze non solo non devono dividere, ma al contrario possono creare sinergie. La De.Co è un atto politico, nelle prerogative del Sindaco, per difendere e salvaguardare l’identità del territorio.”Attraverso una semplice delibera il Sindaco certifica la provenienza di ogni prodotto della sua terra” così Luigi Veronelli spiegava la De.Co. Un’idea nata dal basso per valorizzare quegli immensi giacimenti enogastronomici che racchiude l’Italia. Risorse e ricchezze
che appartengono alla terra, al proprio luogo. Gli altri strumenti (DOP.DOC. IGT. PAT.ECT) sono atti tecnocrati, strumenti utilissimi, sovvenzionati o meno, ma tecnocrati. ”

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